Testimonianze - Mons. Luigi Ramello
Mons. Luigi Ramello, eminente professore del Seminario Diocesano, è una gloria della città di Rovigo ove nacque nel 1782 e morì nel 1854. Fino alla nomina ad arciprete, avvenuta nel 1844 attese ininterrottamente allo studio, all'insegnamento e per diversi anni ricoprì la carica di rettore del Seminario. Fu membro e Presidente dell'Accademia dei Concordi. Arricchì di molti volumi la biblioteca del seminario e quella dei Concordi. Alla morte di suor Baseggio nella cassa fu messo cilindro di vetro, col rotolo di pergamena sul quale l'elegante penna di don Ramello vergò il lapidario elogio. Attento come era alla storia della sua città, egli annotò, tra le sue carte, questo avvenimento,la solennità con la quale i concittadini resero omaggio a suor Baseggio, aggiungendo un suo personale commento che, letto a distanza di tanti anni suona come una profezia che ora si sta avverando: "Forse così piace al Signore che sia per alcun tempo dimenticata, (suor M. Felicita Baseggio) ma non si dubita punto, che non sia per venire un giorno in cui a Dio piaccia di essere in lei glorificato."
Qui di seguito riportiamo una testimonianza, datata 29 maggio 1818, circa fatti straordinari accaduti durante le orazioni dette dalla Baseggio. Si tratta di un racconto particolarmente importante, giacché compiuto da personaggio autorevole come il Ramello, e per di più inizialmente scettico sulla reale eccezionalità degli episodi vissuti dalla Baseggio. Questa testimonianza risulta importante per alcune notizie che aiutano a meglio rilevare la psicologia della Baseggio. L'autografo porta all'esterno la dicitura: Da consegnarsi dopo la mia morte alla Cancelleria Vescovile di Rovigo. Luigi Ramello.
Importante si è dimostrato un breve scritto vergato nel giorno della morte della Serva di Dio (11 Febbraio 1829) e trovato qualche tempo fa nel corso di una ricerca storica tra le carte di Ramello custodite in Accademia dei Concordi a Rovigo che recita: "Forse così piace al Signore che sia per alcun tempo dimenticata, (Maria Felicita Baseggio) ma non si dubita punto, che non sia per venire un giorno in cui a Dio piaccia di essere in lei glorificato." La citazione è stata evidenziata durante l'udienza che l'Associazione suor Baseggio ha avuto col vescovo di Adria-Rovigo recentemente ed il presule ha convenuto che si può trattare di un "segno". Molte persone, già da tempo, la chiamano "Profezia."
Lode a Dio e alla Beata Vergine Maria di Mons. Ramello
In questo giorno 29 ventinove del mese di Maggio, Venerdì sacro alla Festa del Sacro Cuore di Gesù, alle ore 4 e un quarto pomeridiane dell'anno 1818 milleottocentodiciotto io qui sottoscritto, così inteso da vari giorni avanti, fui chiamato dal Reverendo Signor Don Pietro Bonifacio, ed assieme uniti ci portammo alla casa del Sig. Agostino Rosa in faccia precisamente al Vescovato, da Lui e sua famiglia abitata, e cessa in parte ad affitto alla Reverenda Madre Maria Felicita, al secolo Anna Baseggio. Passati per la cortìcella salimmo una picciola disagiata scala di legno, e siamo entrati in camera di sua giornaliera abitazione di detta Reverenda Madre. Ivi abbiamo trovato il reverendissimo Signor Don Andrea Dottor Prosdocimi Arciprete di Grignano, di lei direttore spirituale. Ci accolse con ogni indifferenza ma gentilmente la madre, e ci diede ella stessa da sedere, niente maravigliandosi dell'ora straordinaria in cui io stesso ci venni, non solito andarci che di rado, e sempre di mattina. Andò ella a sedere nel solito suo luogo, tra il picciolo altarino che ha in sua camera ed un tavolino che sta appoggiato ad un cantone della camera, ove tiene i suoi lavori. Si preparava intanto dal Signor Arciprete e Don Pietro Bonifacio per dire l'officio del Mattutino pel giorno seguente, ed io sedetti in mezzo tra i suddetti Religiosi, e dirimpetto precisamente alla detta Madre. Dichiarai di dire seco loro l'officio, e difatti cominciai, preso l'animo dal desiderio di vedere il successo, confessando ingenuamente che in me stesso era preparato ad osservare ogni cosa con occhi spregiudicato, e fuori d'ogni prevenzione, dichiarando pure che trattandosi di cose di tanta gelosia per l'onor di Dio, e per i pericoli d'una finta e fallace santità, feci ogni sforzo a non lasciarmi prendere dall'abbaglio, o dalla apparenza.
Difatti non eravamo al primo salmo del primo notturno, che m'avvidi cangiar Maria Felicita di faccia e divenir pallida, tremante in tutta la persona, e specialmente nelle mani che teneva aperte ed unite in atto d'orazione. Il Signor Arciprete non cessava di quando in quando di benedirla, e fui da lui avvisato esser già fuori dei sensi, ne sentir più ella cosa di mondo. Per suo cenno mi vi accostai e la vidi ad occhi chiusi presa dal primo tremore, cangiando la bocca in un sorriso talora, in atto di mortificazione tal altra. Stette così per pochi minuti, ed intanto io la vidi dar segni d'insolito movimento, acquietarsi dappoi, e gradatamente poi osservai che la carega (sedia) a poggioli su cui sedeva s'alzava da un lato, indi dagli altri, per quasi una spanna da terra. Qual io mi fossi in quel momento nol so, ma so che divenni preso da un'altra interna meraviglia, da cui rinvenni soltanto al cenno del Signor Arciprete, che meco e Dottor Pietro levatisi v'andammo vicinissimi, e toccamo con le nostre mani quella sedia, e forza non v'era ad abbassarvela. Ella intanto diceva non so quali cose cola bocca, ma sembrava in atto di orare, e di sorridere. Gradatamente si rimise nel primiero suo stato d'immobilità nella sua sedia e vi stette fino a tanto che non so per qual motivo si mise inginocchioni a terra ed ivi fervida cominciò l'orazione, dirette talora all'immagine d'un Crocefisso che era direttamente a sé opposto, talora a quella di Maria Santissima, che stava sul detto altarino. Eravamo già al terzo notturno ed ella, quasi cadente, pareva non più reggersi ginocchioni, quando il Signor Arciprete (levossi), l'aiutò a sedersi senza ch'ella desse alcun segno d'intendere. Intanto l'Arciprete Signor Sacerdote si levò a prendere un Crocefisso, ed inosservato lo mise al di lei fianco sul tavolino. Non se n'accorge la monaca, ed intanto diceva cose tra di sé, e che intendevasi che erano preghiere fervorosissime ch'ella indirizzava all'immagine del Crocefisso, che già con atto di sorpresa per aver cangiato di luogo, e con un sorriso se l'avea preso tra le mani. Allora più fervida cominciò l'orazione, e s'intendeva già dalle parole, che mormorava in voce sommessa, che era diretta per il bene della Chiesa, per la salute de' suoi raccomandati, e specialmente nominati, che li degnasse il Signore di dare un parroco accetto al popolo e caro a Dio all'adesso vacante Chiesa del Duomo. In un momento, come da forza invisibile, mosso in atto di scappare dalle sue mani, dalla sua destra, alla sinistra, all'insù abbiam tutti e tre veduto quel Crocefisso muoversi da sé, ed ella far forza a trattenerselo, più intenta alla preghiera, ed in quel momento l'osservai più accesa in volto.
Mi sorprese tal atto, ma di maggior meraviglia mi fu il secondo, che più visibilmente mosso e con più forza, tratto a modo di fuggire, abbiamo veduto quel crocefisso, ed ella con maggior lena tra le mani serarvelo, ed indi non lasciarselo che al momento d'una benedizione dell'Arciprete, dopo la quale lasciollo in sue mani, che lo rimise al suo posto. Sembrò stanca, si rimise nel primiero suo stato, fu chiamata dal Signor Arciprete, dimandò chi ci fosse, ed inteso che io c'era tra i non soliti ad assistere a queste sue cose, diede segno di meraviglia quasi vergognandosi, dicendo cosa dirà il Signor Maestro? Rinvenne indi del tutto, ma prima che tornasse a noi terminammo il nostro ufficio, che io mi credetti in obbligo di ripetere, perché tale fu la disattenzione, tale la meraviglia, che non mi seppi cosa dicessi, tutto inteso ad osservare minutamente il successo d'una cosa le tante volte assicuratami in voce, le tante volte da me creduta appena, con quella fede soltanto con cui si sa che al Signore niente è impossibile, nelle sue anime qualificate da suoi doni speciali. Questo è quanto io vidi cogli occhi propri, non intendendo per questo d'aver giudicato cosa nella reale sua essenza, tanto lungi ch'io sono dallo discernimento degli spiriti, in affari specialmente di tanta gelosia per la gloria di Dio, per l'onor de' suoi santi, e decoro della sua Chiesa.
Don Luigi Ramello. Testimonio di vista a quanto sopra.